Mille attivisti del Biafra chiedono liberazione del leader Kanu
Lo scorso 19 ottobre, Nnamdi Kanu, direttore di Radio Biafra, è stato arrestato dai servizi segreti nigeriani per reati legati alla sua battaglia per la secessione della Repubblica del Biafra dalla Nigeria. Il giornalista ed esperto del continente africano, Massimo Alberizzi, ha spiegato a Maria Laura Serpico perché più di mille attivisti abbiano scelto di lottare fino alla morte per la liberazione di Kanu:
R. – Nei sentimenti degli "ibo", che è la popolazione più importante e più numerosa di quella parte che si chiama Biafra, che è la parte sudest della Nigeria, non si sono mai sopiti i desideri di indipendenza e di una indipendenza non solo economica, ma anche una indipendenza culturale. I Paesi africani, come noi sappiamo, non sono omogenei: le popolazioni che li compongono, le tribù, hanno la loro lingua, la loro cultura, la loro educazione e spesso anche la loro religione. Quindi, omogenei sono gli "ibo" che non c’entrano niente con il resto della Nigeria, in cui ci sono un paio di centinaia di tribù. Duqnue, non si è mai sopito il fatto che sono marginalizzati. Dopo la guerra del Biafra, gli "ibo" sono stati di diritto perdonati, ma non di fatto, nel senso che sono poi rimasti ai margini della società: società che è controllata soprattutto dai musulmani del nord, perché i presidenti della Nigeria – tranne pochi anni, in cui c’è stato un cristiano – sono sempre stati musulmani, non hanno mai voluto perdere il potere. Il Paese musulmano del nord è un Paese povero, mentre le ricchezze, e soprattutto quelle petrolifere, sono al sud. Ma queste ricchezze finiscono poi nelle mani di quelli del nord e questo, ovviamente, ai biafrani non piace.
D. – Perché più di mille attivisti hanno scelto di continuare a lottare fino alla morte per la liberazione di Kanu?
R. – Perché lui rappresenta, in qualche modo, la cultura che richiede la liberazione di questa popolazione. La cultura e non i militari. Per questo motivo, si oppongono pacificamente e vogliono la liberazione del loro leader. Questo è importante per capire come in questo momento ancora sia ancora sul piano politico la lotta di liberazione del Biafra e non sul piano militare. Come accadde, appunto, ormai tanti anni fa – mi pare che siano più o meno 42 – in cui ci fu anche allora una rivolta armata per il controllo delle risorse – risorse che erano, come al solito, petrolifere.
D. – Sussiste l’ipotesi di un referendum sull’indipendenza. Questo porterebbe alla vittoria degli indipendentisti o potrebbe ritorcersi contro di loro?
R. – E’ sempre difficile, perché poi in questi Paesi i referendum vengono anche manipolati. Chi vota ai referendum? Votano i biafrani nati e cresciuti e di cultura biafrana e quindi "ibo"? O votano tutti quanti, anche quelli che sono immigrati dal nord della Nigeria, che abitano lì e che quindi sono praticamente naturalizzati biafrani? Quindi è sempre molto difficile… C’è molto il rischio che i risultati siano "addomesticati" e alla fine nessuno dei biafrani è contento perché ovviamente non vincerebbero.
D. – Kanu è un cittadino britannico: questo significa che Londra o la comunità internazionale potrebbero sostenere questa lotta indirettamente?
R. – No, io credo che loro dovrebbero sostenere il fatto che venga liberato, ma questo al di là del fatto che sia un cittadino britannico. Molti dei Paesi africani non rispettano i diritti dell’uomo e questo è il punto. Uno dei diritti dell’uomo è quello della libertà di espressione e di manifestare il proprio pensiero soprattutto pacificatamene, perché le accuse che vengono fatte a lui, ma poi sempre in questi casi, sono: “Ah fomentate la violenza! Fomentate l’odio raziale e quindi andate, in qualche modo, repress...!”. Queste sono le accuse che vengono fatte in continuazione per giustificare la repressione contro i giornali e contro i giornalisti, che io considero assolutamente nefasta per un Paese, soprattutto un Paese come la Nigeria che è un Paese corrotto e quindi la corruzione è talmente ad alto livello che le critiche devono essere comunque ben venute. Ma ovviamente non sono affatto benvenute e sono invece represse.
Rosie Segura
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